LA PARTITA DEL TIFOSO: MEGLIO ESSERE SPIRITOSI, PERCHE' ALTRIMENTI...
Ve lo dico subito e sono cosciente che ai pochi misericordiosi che mi leggeranno non potrà fregare di meno: se non mi fossi messo a scrivere di getto, immediatamente dopo il fischio dell’arbitro, prima ancora che i nostri calciatori finissero di farsi la doccia (almeno quelli che ne hanno avuto bisogno, perché non saprei quanti di loro abbiano “sudato la maglia”), difficilmente sarei riuscito a scrivere qualcosa.
Come al solito, quando c’è la gara infrasettimanale, il pomeriggio e la serata sono organizzate in funzione della partita: appuntamenti di lavoro; impegni familiari e la cena.
Alle 20.20, con una telefonata, un amico mi preannuncia la sua venuta a casa. Sono contento, le partite viste con gli amici hanno un altro sapore.
Di questo amico, così come degli altri con cui da anni condivido gioie e dolori, ho piacere di parlarvi e di certo lo farò. Saranno innumerevoli gli aneddoti da raccontare e sarà un piacere condividerli con voi. Per adesso, vi basti sapere, che a questo amico, che da ora per noi sarà il “grosso ma buono”, è più che indicato l’aggettivo (fin troppo inflazionato) di malato. Sì, questo qui è un malato della Paganese. Dopo tanti anni, ancora non saprei dirvi per quale squadra di Serie A tifi, ammesso che tifi per una squadra di Serie A ed ammesso che se la veda una partita di Serie A. Questo è uno di quelli che, se gli chiedono: “ma dimmi un po’, per chi tifi?”, lui ti guarda, fiero e strafottente e ti dice “per la Paganese”. E la conversazione può durare all’infinito, la sua risposta sarà sempre la stessa “per la Paganese”.
Inizia la partita ed immediatamente ci rendiamo conto di una cosa che ci addolora profondamente: Alcibiade ha ancora la testa fasciata. Ma come, ragazzo mio, tu prendi una capata di domenica ed il mercoledì porti ancora la fascia in fronte??!! E questa cosa proprio non ci va giù. Noi (ma soprattutto il “grosso ma buono”) vogliamo calciatori che sprizzino virilità e forza, perché fantastichiamo sul fatto che lotteranno come gladiatori su ogni pallone. Ed invece no. Dopo un minuto ci accorgiamo che ha anche le scarpette che vanno da un pallido arancione ad un virgineo rosa qualcosa. Ci arrendiamo…
La partita è una via crucis: solo che al posto delle quattordici fermate ci sono i nostri quattordici imbelli calciatori. In ordine di comparsa, ci sono: Deli che “fa lavare la maglietta ogni dieci partite, perché tanto che le fa lavare a fare se non la suda e non la sporca?!”; il fratellastro scarso di Pestrin che si aggira lento pede per il terreno di gioco; Cicerelli che “vuole fare sempre quello”; Parlati che “mo diamo la colpa a Parlati che fino all’anno scorso giocava con il padre a bordo campo che gli diceva dove posizionarsi”; Dicuonzo che… STOP! Ma mi spiegate perché è uscito proprio Dicuonzo??; Della Corte che ha giocato del tipo “che volete da me? Eravate dispari, io stavo in tribuna e mi avete chiesto di giocare all’ultimo minuto. Questo è il ringraziamento per avervi fatto un piacere. Ma i cinque euro del campetto non li pago, ce li mettete voi. Già è assai quello che ho fatto: giocare col jeans ed i mocassini”; Zerbo che… No, scusate, Zerbo non ha giocato.
Capitolo a parte per il buon Vincenzone Marruocco. Ehm…, beh… sapete…, come dire… a tutti capita di sbagliare, mica è Buffon?! Ricordiamoci delle tante volte che ci ha salvato. Del resto, sul primo gol c’era fallo netto di Fall (simpatica ‘sta cosa del fallo netto di Fall) ed il tiro di Mancino era una bordata angolatissima…
Non voglio fare lo spiritoso, lo sto facendo fin troppo e credetemi, la voglia è poca. A prescindere che Marruocco è grande e grosso e se mi dovesse incontrare da qualche parte, non sia mai. Ma se davvero dovessi scrivere tutto quello che abbiamo detto nel corso della partita, gli appellativi con cui chiamavamo i calciatori e quello che abbiamo avuto il coraggio di dire (tacendo di quello che non abbiamo avuto il coraggio di dire ma soltanto pensare), dovrei usare un’intera pagina di word per scrivere una sola parola: “beep”.
Alla prossima…
Alberto Maria Cesarano
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