REWIND

REWIND - IL RECORDMAN DI GIAIMO: "PAGANI MI HA CRESCIUTO, CAPISCO LE DIFFICOLTA' DI OGGI"

27.09.2017 09:10

Parte oggi Rewind, una rubrica in cui riavvolgiamo il nastro dei ricordi assieme ai protagonisti diretti della lunga storia della Paganese; un modo per rivivere con i loro racconti le emozioni del passato e per tenere viva la memoria storica. Ringraziamo l'amica e collega Barbara Ruggiero per la disponibilità con la quale ha accettato il nostro invito e la accogliamo con un forte abbraccio nella nostra "famiglia".

Il suo nome passa alla storia come quello del calciatore più presente con la maglia della Paganese (214 presenze): un legame con la città che lo spinse a ritornare, da allenatore, per due stagioni sulla panchina degli azzurro-stellati (nel 1986 all’ombra di Silvano Scarnicci e nel 2000/2001 nell’ultimo anno della presidenza Lombardi). Originario di Santa Maria di Castellabate, Luigi Di Giaimo non ha mai fatto mistero del suo profondo legame con la città e con i paganesi: «Vi porto sempre nel cuore. Mi avete cresciuto», dice.

Come arrivò alla Paganese?
"Ero alla Salernitana e venimmo a giocare un’amichevole contro la Paganese. Disputai una bella partita: marcavo Gigino Sasso che era l’idolo della tifoseria. Feci una buona impressione anche a don Vincenzo Cascone, che era vicepresidente, al presidente Attilio De Pascale e all’allenatore, Totonno Valese. A fine partita don Vincenzo mi volle conoscere e dopo qualche tempo, con l’intercessione di Valese con la Salernitana e con l’interessamento del segretario Quaratino, arrivai a Pagani assieme a Pernettaz".

Avrà di sicuro tanti aneddoti da raccontare sul suo legame con Pagani: a distanza di oltre quarant’anni dall’esordio con la maglia azzurrostellata, qual è il ricordo che porta nel cuore?
"L’anno della promozione in serie C e, in particolar modo, la partita con l’Avezzano, quando una rete di Angelozzi regalò alla Paganese la gioia della promozione matematica. Per quella partita vennero a tifare per noi anche tante persone da Santa Maria, tutti vestiti di azzurro. Fu una festa indimenticabile: ogni tanto guardo ancora le foto di quell’evento che resta per me straordinario, come la partecipazione di tutta la città. In quell’annata vincemmo contro il Terzigno a Ottaviano: lo spogliatoio era un pollaio, il campo un terreno sterrato livellato e senza posti a sedere. Vennero a vedere la partita parecchi paganesi, tutti seduti sul muro di cinta con in mano tamburi e altri strumenti musicali. Vincemmo 2-0 anche con un mio gol e ci osannarono al ritorno".

Qual è il legame più forte che ha instaurato in quegli anni?
"Penso a don Vincenzo Cascone: entrambi subimmo un dramma familiare, perdemmo prematuramente un fratello e questa cosa ci unì molto. Don Vincenzo mi chiamava “’o cumpariell mio”. Ma non posso dimenticare Marcello Torre, una icona per me, e De Pascale, De Risi… Sono stati anni molto belli".

Proviamo a raccontare com’era quella Pagani a chi è più giovane e non ha vissuto direttamente quegli anni?
"Una città che dimostrava umiltà e unione d’affetto. Le cose negative esistevano, certo; ma pure il malcostume era coperto dal velo di simpatia e di affetto nei confronti della squadra. Tutti ci salutavano con orgoglio e affetto per strada. Noi calciatori sapevamo di dover dare il massimo in campo, le contestazioni c’erano ma passavano subito. Anche le negatività risultavano simpatiche e non costituivano un problema. Mi piaceva l’ambiente. Quando sono tornato per la festa dei novanta anni mi sono emozionato e ho avuto la conferma che Pagani è qualcosa di grande, una città che merita tanto".

I suoi rapporti con la Paganese non terminano quando appende le scarpette al chiodo: vogliamo ricordare qualche aneddoto della sua esperienza da allenatore?
"Nel 1986 venni ad allenare, chiamato da don Vincenzo Cascone, ma non avevo il patentino: in panchina c’era Scarnicci. Fu una annata difficile, che poi terminò con la retrocessione. Lasciai dopo la gara di Siracusa dopo un discorso sulla moralità alla squadra negli spogliatoi: chiesi loro di mostrare tutto l’attaccamento alla maglia. Poi sono tornato nel 2000/2001 chiamato da Mimmo Lombardi".

Parliamo della Paganese oggi: un suo parere sul momento della squadra?
"Il campionato è iniziato soffrendo ma capisco le difficoltà che ci sono: oggi per gestire una squadra di serie C ci vogliono tanti soldi. Sotto l’aspetto tecnico è importante programmare, cominciando ad avere esperti che girano per scovare ragazzi preparati: serve pensare alla prospettiva di un giocatore, non ai soliti discorsi dei procuratori. Anche in eccellenza si possono pescare ottimi elementi: basta scovarli e allevarli. E questo oggi si è perso ovunque".

Barbara Ruggiero
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